sabato 13 aprile 2013

Ventunesima puntata - Diario di Pechino

30 luglio 2011 – Pechino – Grande Muraglia - Pechino

Stamattina sono corsa fuori quasi in pigiama per comprare lo yoghurt, ma prima delle otto non apriva nessuno. Sono tornata con la coda tra le gambe e ho deciso di impadronirmi di una delle tante confezioni di yoghurt della mia compagna di stanza.

Lei è così: tutto quello che compro io è troppo caro. Lei si riempie il frigo con la sua roba, quella non è troppo cara.

Pomeriggio, appena toranata dalla Grande Muraglia, mi ero preparata per uscire di nuovo. Alle tre passate andare alle rovine del Palazzo dell'Estate era, invece, troppo tardi – secondo lei. Qualcosa è sempre troppo, quando si tratta di me. A conferma di quanto mi stava dicendo, aveva sfogliato una guida nella sua lingua (coreana) per poi doversi correggere "Il Palazzo dell'Estate non chiude alle 16.30, bensì alle 17.30".

Dunque stamattina ho mangiato uno dei suoi yoghurt. L'autobus non aspettava l'apertura del negozio, siamo partiti alle 8.20 circa.










Usciti da Pechino c'eravamo diretti verso nord. Abbiamo viaggiato per due ore buone quando, all'improvviso, sbucò una torre della Muraglia dal niente. Ad accoglierci la solita scena colorita: venditori di ogni specie di cose più a meno a buon mercato che tentavano di accaparrare la nostra attenzione.

Io, Eva e Maria eravamo tra i primi a prendere la funivia. Lassù iniziò una sterminata camminata, intervallata ad ogni piè sospinto dalla sosta per le foto. Odio le foto. Le scatto anch'io ma quando mi rendo conto che diventano più importanti del fatto stesso di essere lì, mi ravvedo e smetto.

A camminare su quei sassi, pur in presenza di migliaia di turisti, faceva sentire i passi di chi, prima di noi, li aveva calpestati. Quanto sudore! Sudavano gli uomini e anche i cavalli – pensavo.

In Cina non sai mai quanto c'è di vero in quel che vedi. E' destabilizzante non poter fidarsi dei propri sensi. Eppure è questa la realtà: nuovi edifici antichi ad ogni angolo. La Grande Muraglia rifatta per deliziare gli occhi di noi, turisti, non fa eccezione.

Il sentiero di montagna, invece, era vero. L'avevamo percorso, inizialmente alla ricerca di un posto fresco e comodo dove mangiare. Poi in un attimo eravamo arrivate al punto di partenza dove, se possibile, i venditori era ancor più numerosi e ancor più rumorosi.






Ritornata dalla Grande Muraglia, i miei nuovi amici m'avevano invitata ad andare con loro allo Yuan Ming Yuan (Palazzo dell'Estate). Me lo ricordavo con piacere quell'enorme parco con lago, circondato da salici dove avevo passato un mezzo pomeriggio da sola a guardare le rovine e a sentire il venticello, nove anni prima.

Stavolta, al posto della solitudine, v'erano le solite migliaia di turisti ad affollare ogni dove e prima di arrivare alle rovine dovettimo "ammirare" i tanti fiori finti, navi finte, per non parlare dei draghi e di altre cose innominabili e pacchiane.

Le rovine erano ancora lì, ancora per poco se l'afflusso resta tale. La pietra bianca abbandonata al sole mi ricordava la Grecia come pure alcuni motivi decorativi. La forma dei giardini, invece, faceva pensare alla Francia. Strano miscuglio.

Per ultimo avevamo voluto vedere una pagoda in marmo bianco dove, dopo aver trovato la giusta uscita da un vero labirinto, potevi salirvi lungo una scaletta a chiocciola, posta all'esterno.

"Bene, non ci siamo stancati invano"– avevo pensato.

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